Gesù amava raccontare “parabole”, cioè storie di vita quotidiana: era convinto che in questo modo le persone che lo ascoltavano potevano comprendere meglio quanto aveva loro da dire. In questo caso, la parabola è raccontata nei suoi ultimi giorni di vita, quando già è a Gerusalemme per la sua Pasqua. Vuole aiutare i suoi ascoltatori a comprendere l'importanza della vigilanza e dell'azione consapevole perché la vita di ciascuno porti frutto.

I protagonisti della vicenda sono tre servi, ciascuno dei quali riceve uno o più talenti (cioè una cifra molto alta di argento) dal suo padrone che sta per partire per un viaggio. Il Vangelo afferma che ciascuno dei tre non ricevette la stessa porzione di denaro, ma che il padrone divise la somma a seconda delle “capacità”. Ma attenzione: un bicchiere e una botte, quando sono pieni, contengono quantità differenti di acqua... però sono entrambi pieni!

La reazione dei tre servi non è uguale, però. Se i primi due prendono il loro denaro e lo impiegano (più tardi scopriremo che probabilmente lo hanno affidato a dei banchieri), il terzo per paura del padrone nasconde il talento sottoterra. Si è fatto un'immagine del padrone come di un uomo duro e ha paura che – impiegando la somma ricevuta – non avrà da restituire. Il suo pensiero è quindi di poter almeno restituire la cifra esatta.

Al suo ritorno, il padrone chiede ai servi che gli restituiscano il denaro. Era stato solo prestato loro. I primi due servi, avendo impiegato i talenti ricevuti, ne possono restituire al padrone ciascuno il doppio. Il padrone loda il comportamento dei servi e promette loro di “partecipare alla sua gioia”. L'atteggiamento responsabile dei servi permette loro di diventare _ ­come _­ il loro padrone, di condividerne la stessa gioia.

Il terzo servo, invece, racconta al padrone quanto ha fatto e riceve un rimprovero. Il padrone smaschera il falso ragionamento del servo. Se questi davvero avesse conosciuto la crudeltà del padrone («mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso») si sarebbe dovuto affrettare, come i primi due, a far fruttare il denaro ricevuto. In realtà, il ragionamento del servo non è nient'altro che un goffo tentativo di mascherare la propria pigrizia e incapacità.

Essendosi fatto consigliare dalla propria paura, il servo si è tolto dalla possibilità di partecipare alla festa, perché ha dato retta all'immagine che si era fatto del padrone. La punizione è esemplare: gettato fuori, sperimenterà la solitudine del proprio dolore.

La vicenda della parabola dei “talenti” è una bella storia, almeno per i primi due servi. Essi hanno colto la fiducia che il padrone aveva dato loro consegnando i talenti e l'hanno fatta fruttare con scelte accorte. 
Altro è il caso del terzo servo, che si è lasciato imprigionare dalla propria paura!
 

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